Per la rubrica BAGAGLI CULTURALI oggi vi parlerò di tre titoli che non potrete non mettere in valigia se state progettando un viaggio nel New England.
Tralasciando le guide turistiche vere e proprie – l’utilissima Lonely Planet e la sempre affidabile guida Mondadori – che pure sono fondamentali per la pianificazione del viaggio, un modo bellissimo per assaporare i luoghi che si andrà a visitare è sicuramente lasciarsi trasportare dalle pagine degli autori che tanto hanno scritto di quei posti magnifici.
Il New England è ricco di suggestioni letterarie perciò non basta di certo una piccola selezione di libri per parlare di questa terra e sicuramente tornerò a scrivere sull’argomento. Quando si parla di New England letterario infatti sono molti i nomi che tornano alla mente. Tra gli autori contemporanei, chi non ha mai sentito parlare di Stephen King? Nel Maine troverete le atmosfere dei suoi romanzi ma vi posso assicurare che anche le più innocue cittadine del Massachusetts e del Rhode Island hanno un affascinante lato oscuro e se fossi in voi, anche lì, starei alla larga dai tombini. Tornando indietro nel tempo, nella seconda metà dell‘800, la maggior parte degli autori legati al periodo più florido della letteratura americana, l’American Renaissance, sono nati e vissuti in questi luoghi. Dal padre del trascendentalismo Ralph Waldo Emerson a Luisa May Alcott autrice di Piccole Donne, passando per Nathaniel Hawthorne e la sua celebre Lettera scarlatta. Ma bisogna citare anche il premio nobel Eugene O’Neill che rappresentò a Provincetown le sue prime opere, Jack Kerouac che mosse letteralmente i primi passi nella città natale Lowell e il poeta Robert Frost che visse nel Massachusetts gran parte della sua vita.
Potrei andare avanti ancora a lungo, tanto è ampia la lista di autori legati al New England ma mi fermo qui perché vorrei introdurre i tre titoli da mettere in valigia: Cape Cod di Henry David Thoreau, Dove la terra finisce di Michael Cunningham e Case di scrittori del New England: la guida del piromane di Brock Clarke.
HENRY DAVID THOREAU è nato a Concord (Massachusetts) ed è una delle figure più interessanti del panorama letterario ottocentesco del New England. Con il suo saggio La disobbedienza civile può essere considerato l’ideatore dei movimenti di protesta nonviolenta. Con il celebre romanzo autobiografico Walden ovvero Vita nei boschi, nel quale racconta i due anni trascorsi in una capanna nel bosco Walden alla ricerca di una completa sintonia con la natura circostante, può invece essere considerato uno dei capostipiti del movimento ambientalista. Ma il libro che ho scelto di mettere in valigia è il reportage Cape Cod, scritto dall’autore nel 1865. Cape Cod è il resoconto di tre viaggi di Thoreau – uno nell’ottobre del 1849 e due nel 1855 – nella penisola omonima.
Qui l’autore si lascia andare a riflessioni nate dall’incontro con questo lembo di terra e descrive questi luoghi così com’erano quasi due secoli fa, arricchendo la narrazione con le testimonianze dei primi europei che videro il Capo due secoli prima dell’autore. Si viene a creare così un suggestivo asse temporale che va dal XVII secolo ai giorni nostri passando per l’esperienza di una delle penne più interessanti del XIX secolo. Thoreau cita Omero e paragona il rumore dell’Atlantico a quello dell’antico Mediterraneo e poi ci porta con sé tra le case dei pescatori e sulle dune di sabbia. Nella sabbia, bagnata dalle onde che restituiscono i relitti dei numerosi naufragi, Thoreau macina chilometri e raggiunge la punta del Capo a piedi. Non ci sono strade asfaltate nel 1849, solo un lembo di terra cullata dai venti.
“Un uomo può starsene lì e gettarsi tutta l’America dietro le spalle”.
L’edizione italiana di questo reportage, edita da Donzelli nel 2011 con la traduzione di Riccardo Duranti è illustrata. Al suo interno troverete alcuni degli splendidi dipinti di Edward Hopper che con le sue pennellate ha immortalato splendidamente i colori e le atmosfere di questi luoghi.
MICHAEL CUNNINGHAM è l’autore del celebre romanzo Le ore, vincitore del premio Pulitzer, da cui è stato tratto il film che vede protagoniste star di Hollywood del calibro di Meryl Streep e Nicole Kidman.
Dove la terra finisce, edito da Bompiani nel 2003, con la traduzione di Ivan Cotroneo, è un omaggio dell’autore ad una cittadina costiera, Provincetown, che lo ha accolto – l’autore è nato a Cincinnati ma è cresciuto nella California del Sud – e di cui si è perdutamente innamorato.
Questo romanzo può essere letto proprio come un’insolita guida turistica. Cunningham infatti descrive Provincetown dal punto di vista di un artista che giunto lì un po’ per caso e con l’unico pensiero di andare via al più presto e non tornare mai più, inizia inaspettatamente ad amare questi luoghi, regalando al lettore un’immagine diversa di questa città.
L’autore giunge in città per la prima volta a ventotto anni per un soggiorno di studio di sette mesi – i più solitari, freddi e noiosi della sua vita – al Fine Arts Work Center. Provincetown in estate è una fiorente meta turistica ma d’inverno restano solo pochissimi abitanti, tutte le attività ricreative, i bar e i ristoranti, chiudono i battenti lasciando questo piccolo lembo di terra in balia dei venti e della neve. Il primo approccio con Provincetown per l’autore è a dir poco drammatico ma questo luogo ha il potere di restarti dentro:
“E tuttavia, alla fine, mi innamorai di Provincetown, nel modo in cui si può incontrare qualcuno che si considera strano, irritante, potenzialmente pericoloso, ma che alla fine ti ritrovi a sposare”.
Dal punto di vista prettamente geografico, questa strisciolina di terra che si protrae al di fuori del continente è molto affascinante ma spesso, per questioni di tempo dato che non è un luogo di passaggio bensì “per sua natura una destinazione”, si tende ad evitare di giungere “dove la terra finisce” eppure “una delle sue attrattive sta nel fatto che le persone che ci arrivano hanno compiuto un certo sforzo per farlo” e questo luogo lo vale tutto.
L’autore mostra al lettore tutti i luoghi di questa terra, correlandoli di aneddoti, descrivendo gli abitanti, l’ambiente naturale, il suo vissuto, coloro che ha amato e che non ci sono più, i luoghi dove bere, mangiare, addirittura dove fare pipì. Ma soprattutto descrive così bene l’atmosfera magica che si respira a Provincetown:
“Ma dal Labor Day fino a Halloween, il posto è bello in una maniera quasi insopportabile. L’aria in queste settimane sembra meno eterea, quasi semisolida, pulita eppure in un certo senso densa, come se fosse piena del polline dorato più fino che si possa mai immaginare. Il cielo tende a un blu ghiaccio brillante, e ogni cosa è soffusa di un bagliore che ricorda l’oro.”
Ed infine, se siete indecisi se spendere o meno mezza giornata per andare ad osservare le balene, grazie all’autore non avrete più dubbi.
BROCK CLARKE vive a Portland nel Maine ed insegna scrittura creativa al Bowdoin College. E’ autore di sette romanzi ma in Italia lo conosciamo per il bestseller Case di scrittori del New England: la guida del piromane edito da Einaudi nel 2010 con la traduzione di Daniela Fargione. Il divertente romanzo è ambientato nella graziosa Amherst con le sue “strade prospere, ricoperte di foglie, […] le case vecchie di due secoli, con praticelli dall’erba signorilmente incolta, i gigli cinesi, i crisantemi azzurri e le betulle e le insegne storiche”, famosa soprattutto per essere la cittadina della poetessa Emily Dickinson.
Sam Pulsifer, il protagonista, si presenta al lettore come una “delle grandi tragedie raccapriccianti del Massachusetts” al pari dei Kennedy, di Lizzie Borden e del processo alle streghe di Salem. Sam ha trascorso dieci anni in carcere per aver dato fuoco alla casa museo della Dickinson e aver accidentalmente ucciso due persone nel rogo. Scontata la sua pena è pronto per rimettersi in gioco ma la tranquillità della sua nuova vita è turbata da una serie di eventi: le case degli scrittori del New England iniziano a bruciare e Sam è il primo dei sospettati. Ha inizio così una particolare caccia al piromane che vede il protagonista girare in lungo in largo, dalla residenza di Robert Frost a quella di Mark Twain, per scoprire il colpevole. Nel frattempo però lascia una scia di involontari indizi che fanno sì che la sua credibilità sia sempre più compromessa. Le situazioni sono spesso assurde ed esilaranti. Sam Pulsifer scava letteralmente la sua fossa pagina dopo pagina tenendo il lettore incollato al romanzo; inoltre l’ambientazione e la piacevolezza della scrittura fanno di questo libro un’ottima lettura prima della partenza.